domenica 22 dicembre 2013

Scuola di qualità?

Immagino che non a molti sia noto di cosa si parli con l'acronimo PISA. Io comunque fra questi. 
Si tratta del "Program for International Student Assesment", o Programma per la valutazione internazionale dell'allievo. Si tratta di un'indagine internazionale promossa dall'OCSE, ovvero l'Organizzazione per  la Cooperazione e Sviluppo Economico, con lo scopo di valutare con una periodicità di tre anni il livello dell'istruzione per gli adolescenti dei paesi industrializzati.

Le verifiche si occupano di misurare il cosiddetto livello di alfabetizzazione letteraria, matematica e scientifica. Come per tutte le analisi statistiche i risultati vanno presi con qualche cautela, nel senso che non esiste la valutazione del tutto neutra. Vari parametri sono presi in considerazione, e certamente il peso da dare ad ognuno di questi può essere senz'altro argomento di dibattuto.

Ciò nonostante i risultati delle indagini OCSE-PISA sono degni di attenzione, e permettono di capire in maniera più oggettiva la qualità dell'istruzione nei vari paesi coinvolti per studenti nella fascia di età intorno ai 15 anni. Sulla stampa nazionale la pubblicazione dei risultati di queste valutazioni, ogni tre anni, in effetti trova qualche risalto, anche se talvolta limiti di spazio (e di atteggiamento) sembrano trasformare il tutto in un specie di resoconto calcistico. In pratica svilendo lo sforzo di sintesi che sta dietro queste valutazioni.

I risultati, come si diceva, sono in effetti interessanti. Il nostro Paese si classifica in maniera abbastanza mediocre, siamo intorno alla ventesima/trentesima posizione in dipendenza dalla categoria.  In pratica nella parte medio-bassa della classifica. Nel corso degli anni 2000 la nostra valutazione è sempre tendenzialmente peggiorata, per poi mostrare un qualche recupero nell'ultima tornata, quella del 2012.
Ai primi posti abbiamo paesi dell'estremo oriente, Giappone, Corea del Sud e Taiwan, oppure del nord-Europa, Finlandia, Paesi Bassi in testa.
Già questo ha aspetti interessanti in quanto abbiamo ai vertici sistemi educativi con una forte enfasi verso la competitività (Corea del Sud) ma anche con esplicita attenzione all'inclusione degli studenti con difficoltà (Finlandia). 
Allo stesso tempo l'entità dei finanziamenti dedicati alla scuola non è necessariamente l'unico fattore discriminante. Il contesto sociale e, soprattutto familiare, pare giocare un ruolo altrettante importante. Alcuni un po' più interessanti della media commenti su stampa sono stati forniti da Repubblica e dal Corriere della Sera nei rispettivi inserti dedicati alla scuola.

Nei risultati delle indagini contano evidentemente i valori medi ottenuti da studenti dei vari paesi, ma utile è anche controllare come si distribuiscono gli stessi a l'interno di un paese. Questa è una misura dell'omogeneità dei risultati all'interno di un paese. In Finlandia, per esempio, in pratica non c'è differenza fra la provenienza geografica degli studenti, al contrario in Italia abbiamo una situazione per certi versi paradossale. 
Premettiamo subito, a scanso di equivoci, che in seguito parleremo di nord, centro e sud in maniera relativamente schematica. È noto a tutti che le situazioni reali sono a pelle di leopardo. 
Ciò detto, come segnalato anche in alcuni editoriali, pur essendo ben noto ed evidente come il nostro Paese soffra di un elevato livello di disomogeneità economica, i risultati per gli studenti del nord, specialmente il nord-est, e quelli del sud, Sicilia in testa, sono stupefacenti. Mentre nel nord-Italia in generale gli studenti appaiono mediamente ben preparati e del tutto a livello non tanto della media europea, ma proprio dei paesi meglio organizzati, nel sud-Italia, con valide eccezioni, l'apparenza è di una situazione alla deriva, ormai fuori controllo.

Un'analisi dettagliata delle cause di questa situazione esula senz'altro dalle nostre possibilità, anche se appunto come già accennato oltre all'aspetto economico giocano questioni più sociologiche legate ai contesti sociali. 
Però il punto che vorrei sottolineare, senza particolare enfasi, ma come argomento di riflessione, è che la nostra tanto vituperata scuola pubblica probabilmente è in realtà molto meglio di quanto comunemente si pensi. Non mi riferisco qui a quelle forme di cretinismo culturale secondo le quali ciò che è "pubblico" è sinonimo di mediocrità e lassismo. E tantomeno desidero entrare nell'annoso dibattuto su come e se far convivere istruzione privata e pubblica. 

Più semplicemente mi pare che si possa osservare che in generale nel nord-Italia le scuole funzionano in maniera tutto sommato egregia. Siccome non stiamo parlando di casi isolati ma di un sistema diffuso mi verrebbe da pensare che il corpus legislativo che guida la scuola italiana, dall'inquadramento dei docenti, la definizione dei programmi, ecc. evidentemente in condizioni al contorno adeguate è perfettamente in grado di formare studenti ben preparati. Quantomeno ad un livello assolutamente comparabile con i migliori sistemi scolastici europei.  Badate bene che non intendo nemmeno entrare nel dettaglio dei vari aspetti legislativi che senza dubbio in maniera urgente richiedono un aggiornamento. O del complesso problema dell'introduzione di meccanismi valutativi e premiali per i docenti. Tutto vero, e sensato. Ma egualmente allo stato attuale delle cose il sistema è in grado di funzionare, ed anche molto bene. Il punto che mi parrebbe rilevante segnalare è che ogni intervento nei confronti della scuola non può avere senso se non tiene conto delle enormi differenze che registriamo sul territorio nazionale. Il rischio, per nulla teorico, sarebbe quello di condurre campagne politiche volte a risolvere problemi che in realtà non sono tali o che non sono quelli principali. O addirittura farsi prendere da manie distruttive in risposta al mediocre risultato d'insieme della scuola italiana in valutazioni internazionali, quando evidentemente il problema non sembra essere, almeno principalmente, nella scuola stessa ma nel contesto sociale al contorno che pare essere in grado di guidare l'efficienza di un sistema scolastico in maniera forse inaspettata.


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